La devastante manovra economica di agosto.
Eravamo appena rimasti “tramortiti” dalla manovra ultima di luglio che è arrivata, ben più pesante, quella di agosto.
Per andare incontro alla crisi finanziaria internazionale, al crollo delle borse, ai diktat dei banchieri e delle grandi imprese e su ordine espresso della BCE, il ministro Tremonti, Berlusconi e il governo, con l’obiettivo del fatidico pareggio di bilancio, hanno partorito una manovra-monstre che è di 25,7 miliardi nel 2012 sino ad arrivare nel 2013 a 49,8 miliardi di euro, suscitando la condivisione dei vertici economici europei, il “”grande apprezzamento” della cancelliera tedesca Merkel, la sottoscrizione del decreto del Presidente Napolitano e il nullismo politico della sedicente “opposizione” parlamentare, con gli annessi sindacati governativi.
La manovra è una babele di tagli generalizzati a partire dai 6 miliardi nel 2012 e di 2,5 nel 2013 nei Ministeri sino ai 6 miliardi nel 2012 e di 3,5 nel 2013 negli Enti Locali.
Il pagamento del TFR per i lavoratori (per le uscite di anzianità, non di vecchiaia) sarà posticipato a 24 mesi (non più 6), senza interessi. Le tredicesime dei lavoratori, nelle amministrazioni che non rispettano gli obiettivi di riduzione della spesa, saranno a rischio.
Con l’alibi della riduzione dei costi si procede all’eliminazione dei piccoli comuni sotto i 1000 abitanti e di una trentina di Province (sotto i 300 mila abitanti), senza prevedere chi debba avere le attuali competenze di questi enti, che in genere sono sovra-comunali, il cui risparmio riguarderebbe esclusivamente il taglio della classe politica, ma che sarebbe prontamente sostituita da esosi manager pubblici e/o privati e sarebbe un'ulteriore giustificazione alla privatizzazione di fornitura di beni e servizi, con le competenze oggi spettanti alle province, in materia di formazione professionale e lavoro, privatizzate, con temi come la sorveglianza ambientale o dell'edilizia scolastica accantonati, così come la manutenzione delle strade, dei boschi e del territorio e con la mobilità forzata dei dipendenti stessi. Vengono inoltre soppressi gli enti pubblici non economici con meno di 70 unità.
Vengono annullate e spostate alla domenica festività significative e di lotta del 25 aprile, 1° maggio e 2 giugno, per aumentare la “produttività” nazionale.
A partire dal 2016 sale l’età per la pensione di vecchiaia per le donne che salirà a 65 anni nel 2027.
Viene applicato anche nella scuola, come era già stato deciso per le altre amministrazioni pubbliche, la cosiddetta finestra mobile per la pensione con l’uscita ritardata di 12 mesi a decorrere dal raggiungimento dei requisiti d’età.
I servizi pubblici locali a rilevanza economica, alla faccia del voto referendario, saranno privatizzati. Per favorire questo processo, saranno premiate (stanziati 500 milioni di euro) quelle amministrazioni locali che venderanno le proprie quote azionarie.
E la tassazione dei redditi invece di toccare veramente i patrimoni (per esempio quelli superiori ai 5 o ai 10 milioni di euro) e le grandi rendite finanziarie si limita a una tassa di solidarietà modesta sui redditi oltre i 90 e i 150 mila euro per 3 anni, mentre invece la manovra colpisce ancora una volta i ceti medi e la sbandierata lotta all’evasione fiscale rimane lettera morta.
E dulcis in fundo, come spiegato da Sacconi in conferenza stampa, l’estensione erga omnes, retroattivamente, degli accordi Fiat che si collega direttamente a quanto previsto dal patto interconfederale del 28 giugno, con la ”novità” della prevalenza dei contratti aziendali su quelli nazionali e la rappresentanza sindacale “sancita” dalla maggioranza delle RSU o delle RSA e con l’annunciato pericolo di cambiare pesantemente lo Statuto dei Lavoratori, rimettendo nelle mani dei sindacati complici e dei padroni le tutele prima previste dallo stesso Statuto.
Questi i provvedimenti più odiosi della manovra ferragostana ma è chiaro che essendo una manovra “in progress” solo la pubblicazione del decreto darà una risposta definitiva sulla sua micidiale portata.
La Confederazione Cobas, a partire da settembre, metterà in campo tutte le iniziative di mobilitazione necessarie per rispedire al mittente questa famigerata manovra.
CONFEDERAZIONE COBAS