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Sanità Service, i sindacati protestano all’ospedale “Vito Fazzi” di Lecce

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La società in house della Asl di Lecce “Sanità Service” continua con le internalizzazioni (a breve dovrebbe toccare al 118, in virtù dello scioglimento di riserva deciso dalla direzione sanitaria), non si placano le le polemiche sull'organizzazione del lavoro per gli oltre 800 e passa dipendenti.

In casa Sanità Service regna il caos, secondo i sindacati che in mattinata sono tornati a protestare presso l'ospedale “Vito Fazzi” del capoluogo: a gennaio si è avuto un parziale aumento del monte orario per il personale a 22 ore, che sarebbe dovuto aumentare nuovamente i primi di giugno. L'obiettivo rimane il passaggio definitivo al full time, ma le lentezze di varia natura stanno mettendo a dura prova la pazienza dei sindacalisti. L'amministratore unico Luigi De Santis afferma: “nessun immobilismo” che ha accolto una delegazione dei manifestanti nel proprio ufficio, ribadendo che il 13 giugno ci sarà il tavolo convocato dal direttore generale della Asl, Valdo Mellone insieme ai sindacati, per procedere con quanto stabilito.

“Un incontro convocato solo dopo la proclamazione dello stato d'agitazione”, puntualizza Gianni Palazzo di Usb. Del resto, si discute del monte ore da mesi, e della possibilità di recuperarle dal deficit del personale pensionato. Nel calderone della protesta rientrano anche aspetti puramente organizzativi, relativi alla nomina dei referenti dei lavoratori designati, pro-tempore, dallo stesso De Santis e poi revocati per via delle proteste dei due sindacati che reclamavano una base elettiva.

Poi ci sarebbero le “mansioni “improprie” di manutenzione del verde e disinfestazione che, sarebbero ricoperte da una parte di dipendenti assunti come ausiliari, con rischi riguardo l'incolumità delle persone: “gli strumenti di lavoro vengono trasportati dagli stessi dipendenti a bordo delle loro auto fino ai vari presidi ospedalieri”. Anche su questo punto, De Santis getta acqua sul fuoco: “se c'è stato uno spostamento del personale, è venuto su richiesta degli stessi dipendenti. Ciò che conta è che siano legittimati a svolgere quel ruolo, attrezzati e muniti dell'apposito patentino. E che io sappia, ce l'hanno tutti”.

Mancano all'appello, infine, quei venti dipendenti del sistema informatico, che da tre mesivengono pagati al 50 percento dello stipendio perché in busta paga non risultano “alcune voci accessorie come indennità e superminimi”, denuncia Gianni Palazzo. La stessa internalizzazione dei servizi Cup e Ced avrebbe procurato un risparmio di 900 mila euro, secondo il sindacalista Usb: “Gli stessi lavoratori si sono preoccupati di certificare l'utile prodotto e continuano a trovarsi con metà stipendio”.