Alba Service: “Storia di uno STATO divorato dal MERCATO”.
Succede che da più parti si odono critiche e lamentele per la carenza di servizi essenziali, che possono garantire ad esempio la circolazione stradale in sicurezza o il mantenimento delle condizioni minime di igiene in molte strutture pubbliche. Succede che per l’espletamento di questi servizi la Pubblica Amministrazione ha aperto delle società in house, impiegato decine di lavoratori per delle mansioni che sono indispensabili alla comunità: la manutenzione stradale, quella delle scuole e tutta un’altra serie di interventi programmati e di emergenze.
Dovrebbe succedere che coloro che si occupano di questi servizi debbano essere ritenuti indispensabili per la collettività, dovrebbero quindi essere garantiti tali posti di lavoro, perché da essi dipendono molto spesso la qualità della vita dei cittadini e l’efficienza della macchina amministrativa. La programmazione della manutenzione e della gestione dei servizi e delle infrastrutture dovrebbero essere parte integrante di qualsiasi progetto; quest’ultimo dovrebbe dimostrare non solo la qualità delle opere ed il rispetto dei requisiti imposti dalle norme e dalle leggi, onde evitare di ritrovarci al cospetto di cattedrali nel deserto o di opere che dopo pochissimo tempo risultino inutilizzabili.
Di tutto ciò si deve tener conto e forse è stato fatto dagli uffici preposti, che nei bilanci stanziano le somme necessarie affinché ad esempio le strade siano sicure o le scuole siano pulite.
Dovrebbe succedere che a tenerne conto debba essere anche il legislatore nel momento in cui decide di intervenire sugli Enti locali, con l’obiettivo di ottimizzare la spesa pubblica. Spesso così non è. E succede che questo Paese è ormai abituato a dover fare i conti con tagli di spesa orizzontali che si ripercuotono sulla quotidianità di ognuno di noi e che sbilanciano la ricchezza verso i pochi a scapito dei tanti.
Sì. succede proprio questo. L’Italia è un Paese in balia di qualche burocrate che coadiuvato dalla politica ha il solo obbligo di far quadrare i conti nei modi e nei termini imposti dall’ultraliberismo che non guarda in faccia niente e nessuno, se non chi oggi detiene quasi tutta la ricchezza mondiale. E sono pochi, con un unico obiettivo: diventare sempre meno. Un’operazione che avviene con due linee di azione. La prima consiste nello spogliare gli Stati dei loro beni e servizi, attraverso l’inesorabile processo di liberalizzazione e privatizzazione di tutto ciò che può trasformarsi in merce. Acqua, energia, gestione dei rifiuti, trasporti ed esternalizzazione dei servizi basilari. La seconda con l’attacco al lavoro e ai salari, sempre con l’unico obiettivo: aumentare il profitto di cui la collettività non ne beneficerà mai. E poi succede che con la favola della riduzione dei costi della politica e della PA (cosa quanto mai sbagliata in tempi di crisi) si mettono in piedi riforme che riducono le competenze degli enti locali, che tradotto vuol dire semplicemente ridurre le risorse per i sevizi. E quindi succede che da una parte i cittadini si vedono negati dei servizi essenziali e dall’altra ci sono centinaia di lavoratori che sono destinati ad intraprendere il lento (quando va bene) cammino verso la disoccupazione, passando per la cassa integrazione. Ci troviamo quindi in una condizione paradossale: lo Stato paga la cassa integrazione ed è costretto anche a sopperire alla carenza di manodopera per l’espletamento di servizi necessari alla collettività, magari facendo delle gare d’appalto a ribasso per tamponare le emergenze. E il danno è fatto. Per i lavoratori, i cittadini e gli enti locali. I primi si vedono negato il lavoro, oppure andranno a lavorare a condizioni che rasentano lo sfruttamento. I secondi (insieme ai primi) vivranno in un contesto sempre meno efficiente. Gli enti locali con le casse sempre più in rosso e impossibilitati a far fronte anche alla normale amministrazione.
La dinamica è sempre la stessa, ma purtroppo le storie sono tante. Sono quelle raccontante dalle vertenze di lavoro che agli occhi di molti tali rimangono. Un gruppo di persone che sta perdendo il proprio posto di lavoro, senza pensare che quelle storie sono l’effetto di cause molto più complesse e che tocca a tutti noi studiare, affrontare e inquadrare in quel conflitto sociale che il pensiero dominate cerca di celare. Come quella di Alba Service a Lecce, di lavoratori che in questi giorni hanno interpellato persino il Presidente della Repubblica per poter continuare a sperare che forse un domani questa vertenza abbia un lieto fine, se solo la politica nazionale capisse che c’è bisogno di più Stato nel Mercato. Perché solo questa è la ricetta per fare gli interessi della collettività e non solo dei lavoratori.
Fra poche ore si festeggerà il primo maggio e non si può non festeggiare pensando e solidarizzando con gli operai di Alba Service e di tutti coloro che oggi difendono il proprio posto di lavoro ma anche e soprattutto quello degli altri. Perché il presente è orfano di un qualcosa che quarant’anni fa era normale. La solidarietà tra i lavoratori che metteva in moto quella protesta che partiva dalle fabbriche e invadeva gli spazi del sapere e le piazze, perché allora c’era qualcosa che oggi latita in questa società troppo apatica ed individualista. La coscienza di classe e la consapevolezza che la sinergia tra i lavoratori è il punto di forza per ritornare a dare dignità al lavoro.
Un primo maggio di solidarietà e di supporto ai lavoratori di Alba Service e di tutti gli altri che lottano per un mondo più giusto stando dalla parte del Lavoro e contro il Capitale.
Ernani Favale
Rifondazione Comunista Lecce
Potere al Popolo Lecce