Coronavirus e dintorni
L’emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale, derivata dai crescenti casi di infezione da COVID-19 Coronavirus, che sta investendo in questi giorni l’Italia, ha messo in forte allarme la popolazione e a cascata il governo e le opposizioni.
Secondo uno dei peggiori scenari possibili, non è escluso che il numero dei casi individuati in Europa possa aumentare rapidamente nei prossimi giorni e settimane, inizialmente da una trasmissione locale, qualora le misure di contenimento non risultassero sufficienti, a una diffusione imponderabile, con una crescente pressione sul sistema sanitario.
Ci sembra inutile addentrarci in dissertazioni sul piano della scienza e a livello medico, ma quello che fa preoccupare non è il tasso di mortalità, comunque intorno al 2% (mentre per le influenze si viaggia sullo 0,1%, anche se i casi sono molto più numerosi), quanto il suo propagarsi in modalità asintomatica, ipercontagiosa e in maniera molto veloce e il rischio di una diffusione molto più estesa, con infezioni quasi incontrollabili, è evidente e ciò porterebbe ad un’invasione di malati nei nostri ospedali e a seguire ne conseguirebbe un grave disastro economico a causa di quarantene obbligate, con la chiusura di attività commerciali, di industrie, Uffici pubblici ed altro.
Questo disastro è una dura lezione a chi fino ad ora non solo ha sottovalutato l’importanza strategica del Servizio Sanitario Nazionale ma che, negli anni e con qualunque governo, ha ridotto investimenti, risorse ed assunzioni verso la sanità pubblica, privilegiando e incrementando invece privatizzazioni sempre maggiori verso la sanità privata, con l’aggiunta di esternalizzazioni di servizi e personale verso strutture private. In Lombardia dove c’è il maggior focolaio di coronavirus la sanità si è basata soprattutto sul taglio dei fondi della prevenzione e sui profitti dei privati.
Ed è evidente che, viste le difficoltà a pervenire ad un’omogeneità di adozione di provvedimenti, atti alla prevenzione, emersi in situazione di emergenza, debba essere rivista la regionalizzazione della Sanità, debbano essere messi in soffitta i progetti sciagurati di autonomia differenziata e una serie di competenze debbano ritornare in capo allo Stato.
Questa grave emergenza ha avuto ed ha una colossale ricaduta per i lavoratori che operano negli ospedali e ambulatori in termini di sovraccarichi di lavoro, turni infiniti, mancate rotazioni e inefficaci interventi in termini di prevenzione e sicurezza.
Come Cobas Pubblico Impiego richiediamo con forza, alle Regioni e al governo nazionale, forti e stringenti garanzie sanitarie, contrattuali ed economiche e in materia di salute e sicurezza per i lavoratori della sanità sulla base del Dlgs 81/2008 e inoltre un programma di:
assunzioni di personale per scongiurare episodi di quarantena di operatori sanitari che metterebbero in crisi l’intero sistema operativo;
revisione dell’appalto sulle pulizie e sanificazione di tutti gli ospedali, strutture ambulatoriali, una adeguata prevenzione e protezione dal rischio biologico;
modifiche infrastrutturali a carattere d’emergenza per dotare i vari presidi di zone di pre-filtraggio per l’accesso ai DEA, ai Pronto Soccorso e ai reparti di Malattie Infettive, nonché stanze di isolamento ;
dotazione per il personale medico e paramedico di tutti gli strumenti e dei dispositivi previsti e conformi alla normative in vigore, col coinvolgimento degli RLS (rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori), delle RSU e delle OO.SS. nelle misure adottate o da adottare per garantire salute e sicurezza ai lavoratori.
Cobas Pubblico Impiego