Il “sovrano” Draghi e le richieste COBAS su scuola, sanità, trasporti, lavoro.
Il governo Conte-bis si è dissolto in tempi rapidissimi. A sostituirlo, Mattarella ha chiamato il “salvatore della Patria” Mario Draghi, per ripetere l’exploit del salvataggio dell’euro con il suo “whatever it takes”.
Tutti i poteri del Paese gli hanno reso omaggio: ma l’incoronazione a “sovrano” sarà duratura o la “luna di miele” svanirà davanti alle prime decisioni serie?
Certo, questo Draghi non è quello che nel 2011 intimava a Berlusconi durissima austerità e tagli, provocandone la sostituzione con il tecnocrate “lacrime e sangue” Mario Monti.
Tra i due Mario c’è la stessa differenza esistente tra la disastrosa politica di austerità e di blocco della spesa pubblica imposti allora dall’Unione Europea, e l’attuale politica espansiva, con la centralità della spesa pubblica per far ripartire l’economia, svolta i cui maggiori artefici sono stati proprio Draghi e Angela Merkel.
Chi identifica liberismo e capitalismo, dimentica che gli Stati (quelli potenti) hanno sempre agito nei periodi di crisi come “capitalista collettivo”, consentendo grazie alla spesa pubblica la ripartenza di economie soffocate dai tagli del liberismo.
Dunque, almeno fino all’uscita dalla crisi economico-pandemica, i rischi per la giustizia sociale ed economica non dipenderanno da una presunta sudditanza di Draghi ad un inesistente “governo delle banche e della Grande Finanza”, quanto dalla direzione che prenderanno i grandi flussi di denaro a disposizione, a favore di chi verranno spese tali somme.
E a tal proposito, bisogna sfatare un altro luogo comune: quello della emarginazione/impotenza dei principali partiti di fronte al potere “sovrano” di Draghi.
Si fatica a prendere atto che i maggiori partiti italiani non hanno più alcun vincolo ideologico, teorico, culturale e politico, e figuriamoci se morale, da rispettare: sono solo macchine di potere, finalizzate a conquistarlo e mantenerlo; e le posizioni ideologiche e politiche sono intercambiabili come maschere.
Le “creature” provenienti dallo scioglimento del PCI hanno sposato fino a ieri il liberismo più scriteriato; del trasformismo berlusconiano non conta neanche parlare, mentre quello dei 5Stelle, che dovevano “aprire il Parlamento come una scatola di tonno”, batte ogni record; e la virata a 180 gradi della Lega dal sovranismo fascistoide all’europeismo sorprende solo chi le attribuiva riferimenti ideologici e politici coerenti.
Ma questo nulla toglie al potere che i partiti al governo non molleranno: e il loro ingresso in massa nel governo deriva dal voler partecipare da protagonisti alla spartizione del “bottino”, la ferrea volontà di foraggiare le proprie consorterie, circuiti affaristici, lobbies sociali. Il governo Draghi é costituito da tecnocrati messi a guardia di otto ministeri di rilievo, che potrebbero tentare di avviare riforme strutturali dannose, e da 15 ministri politici, scelti con il manuale Cencelli della vecchia DC, impegnati a battagliare tra loro e con il “sovrano” per garantirsi la ripartizione del “malloppo”.
Per chi intende lottare per la giustizia sociale ed economica, per il lavoro, per il reddito universale, per i Beni comuni e i servizi pubblici, a partire da scuola, sanità e trasporti, un governo che dipende da un blocco senza precedenti di partiti, saldati in un micidiale patto spartitorio, costituisce un avversario contrastabile solo da ampie coalizioni, che evitino l’illusione di poter spuntarla battendosi solo sulla propria tematica.
Come COBAS stiamo cercando di dare il massimo contributo per l’intersezione tra i vari conflitti necessari. Però, crediamo che nell’immediato vada data centralità alla catena sociale che collega scuola, sanità, trasporto pubblico e lavoro, per garantire la massima sicurezza possibile contro la pandemia ma anche contro l’utilizzazione malsana degli ingenti fondi a disposizione. In particolare, abbiamo difeso strenuamente, in splendida solitudine tra i sindacati e in coalizione con Priorità alla Scuola, la riapertura totale della scuola, in parte ora raggiunta e che va mantenuta.
E a tal fine, ribadiamo al nuovo governo la richiesta urgente di:
a) portare a 20 il numero massimo di alunni/e per classe;
b) aumentare gli organici, assumendo a tempo indeterminato i docenti precari con almeno 3 anni di servizio e gli Ata con 2 anni;
c) investire in modo rapido sull’edilizia scolastica e garantire tamponi, tracciamenti e servizi sanitari nelle scuole.
Per quel che riguarda la Sanità pubblica, visto che il territorio non è riuscito ad evitare con le proprie strutture di base l’intasamento degli ospedali, riducendo ogni altra attività per fare spazio alle aree Covid, è decisivo:
a) un significativo aumento delle risorse finanziarie e degli organici con l’assunzione a tempo indeterminato di medici, infermieri e altri operatori sanitari;
b) la revisione del Titolo V in tema di autonomia sanitaria alle Regioni, restituendo alla gestione nazionale le decisioni fondamentali;
c) investimenti seri sulla medicina territoriale pubblica e ridimensionamento drastico della Sanità convenzionata, a cui al momento vanno le percentuali maggiori delle risorse regionali.
Il terzo punto cruciale per la lotta alla pandemia riguarda il trasporto pubblico per il quale chiediamo:
a) lo stop alle privatizzazioni e esternalizzazioni delle aziende, attivandone la ripubblicizzazione;
b) la fine delle gare per l’affidamento del trasporto, passando all’affidamento diretto;
c) il potenziamento mediante assunzioni di personale viaggiante e rinnovo/aumento dei mezzi.
Per quel che riguarda il lavoro, chiediamo:
a) la proroga del blocco dei licenziamenti e l’estensione degli ammortizzatori sociali per tutti/e;
b) la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, e la definizione per legge di un salario minimo orario e mensile dignitoso;
c) l’internalizzazione stabile del personale degli appalti della pubblica amministrazione e l’investimento strategico nell’occupazione femminile e giovanile in termini di diritti (uguali per stanziali e migranti) e di riduzione della precarietà.
Infine, ci prepariamo a difendere i dipendenti pubblici dal ripescaggio di Brunetta sulla poltrona ministeriale, data la ossessiva ostilità del personaggio nei loro confronti.
Stiamo valutando le forme della possibile mobilitazione su questi obiettivi, non escludendo di includervi anche lo sciopero qualora i segnali che arriveranno dal nuovo governo nei prossimi giorni si dovessero rivelare negativi.
Roma, 19 Febbraio 2021
Esecutivo nazionale COBAS – Confederazione dei Comitati di base