Italicum-Porcellum. Una lezione dai Padri della dottrina italiana
La proposta di legge elettorale attualmente in discussione alla Camera – il cosiddetto “Italicum” – «consiste sostanzialmente, con pochi correttivi, in una riformulazione della vecchia legge elettorale – il cosiddetto “Porcellum” – e presenta perciò vizi analoghi a quelli che di questa hanno motivato la dichiarazione di incostituzionalità ad opera della recente sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014» (Appello dei giuristi: Italicum peggio del Porcellum, fermatevi, Il Manifesto, 26 gennaio 2014).
I due sistemi, infatti, si innestano nel medesimo quadro normativo e presentano qualche differenza significativa che non vale a sottrarre l’Italicum né ai medesimi vizi né alla medesima ratio di incostituzionalità del Porcellum.
I vizi censurati sono due.
Il primo consiste nell’attribuzione di un premio di maggioranza fino al 55%, indipendentemente dal raggiungimento di una soglia minima di voti, che altererebbe la rappresentanza democratica e comprometterebbe l’eguaglianza del voto (in violazione degli articoli 1, comma II, 3, 48, comma II, e 67 della Costituzione; Corte cost., sent. n. 1 del 2014).
Il secondo consiste nella mancata previsione del voto di preferenza in liste concorrenti, contenenti un numero assai elevato di candidati, che renderebbe i candidati difficilmente conoscibili e valutabili dall’elettore e il voto né libero, né personale, ma sostanzialmente “indiretto” (in violazione degli articoli 48, 49, 56, comma I, 58, comma I, 67 e 117, comma 1, della Costituzione e dell’articolo 3 del protocollo 1 della CEDU; Corte cost., sent. n. 1 del 2014).
La ratio comune delle due censure è l’eccessivo sacrificio, nel bilanciamento tra la rappresentatività e la governabilità, del primo termine rispetto al secondo.
Tanto l’Italicum quanto il Porcellum istituiscono un sistema (proporzionale) a lista rigida, integrato (in senso maggioritario) da soglie di sbarramento e da un premio di maggioranza.
Inoltre, l’Italicum reintroduce le disposizioni annullate dalla Corte costituzionale con due correzioni non sufficientemente migliorative e apporta due ulteriori modifiche gravemente peggiorative sotto il profilo della logica alla base di tale sentenza. Le correzioni riguardano il premio di maggioranza e le preferenze; mentre, le modifiche riguardano le soglie di sbarramento e le candidature.
Soglie di sbarramento: l’Italicum le fissa al 12% per le coalizioni, al 5% per le liste collegate, all’8% per le liste non collegate e al 20% nelle circoscrizioni della regione per le liste rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute; il Porcellum prevede, per le coalizioni, il 10% alla Camera e il 20% al Senato, per le liste collegate, il 2% alla Camera e il 3% al Senato, per le liste non collegate, il 4% alla Camera e l’8% al Senato e il 20% nelle circoscrizioni della regione per le liste rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute. Sicché, tali soglie – alla Camera – sono aumentate di 56 seggi, mentre – al Senato – sono diminuite di 18 seggi.
Le disposizioni, introdotte ex novo nel testo in esame, secondo le quali, nell’inserimento e nella successione dei candidati nelle liste, nessuno dei due sessi può essere rappresentato per più del 50% costituiscono una irragionevole compressione della discrezionalità dei partiti nella scelta dei candidati e, indirettamente, della libertà di voto degli elettori, del tutto sproporzionata rispetto alla necessità di tutelare il principio-valore costituzionale dell’eguaglianza di genere nella rappresentanza politica.
Premio di maggioranza: l’Italicum lo fissa, al primo turno, al 18%, con soglia minima del 35% dei voti e fino al 55% e, al ballottaggio, fino al 53%; il Porcellum prevede fino al 55%. Sicché, tale premio – al primo turno – è contenuto al 18% e subordinato al raggiungimento del 35% dei voti, mentre – al ballottaggio – è ridotto entro il 53%.
Le preferenze, già escluse dal Porcellum, sono escluse anche dall’Italicum, pur prevedendosi un accorciamento delle liste dalla dimensione circoscrizionale (tra 1/3 e il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione) a quella collegiale (tra 1/2 e il numero dei seggi assegnati al collegio: 3-6).
Alla luce della citata sentenza della Consulta, la riforma elettorale in corso, dunque, si rivela l’ennesima occasione per riflettere sull’insegnamento dei Padri della dottrina italiana, secondo il quale, se il diritto è generato e alimentato dalla morale, la morale è salvaguardata e sviluppata dal diritto (Brugi, B., Introduzione alle scienze giuridiche e sociali, G. Barbèra Editore, Firenze, 1891, 50-51).