La pubblica amministrazione nel conferimento di incarichi dirigenziali: si configura inadempimento contrattuale. No all’assoluto potere discrezionale!
Così ha deciso, con sentenza n. 5369 del 4 aprile 2012, la sezione Lavoro della Suprema Corte di cassazione, pronunciandosi su di un ricorso presentato da un dirigente cui non era stato riconosciuto, nei precedenti gradi di giudizio, il diritto al risarcimento del danno avanzato nei confronti dell’Istituto Autonomo Case popolari, per il mancato riconoscimento dell’incarico dirigenziale di Responsabile dell’Area Operativa Patrimoniale.
In particolare la Corte d’appello territoriale motivava il rigetto in considerazione del fatto che la contrattazione collettiva rimette alla dirigenza dell’Istituto, nell’esercizio del suo potere discrezionale, il conferimento di incarichi di posizione ai soggetti ritenuti meritevoli, mentre non prevede alcun obbligo di comparazione tra i singoli aspiranti all’incarico.
Contro tale decisione il dirigente presentava, dunque, ricorso per cassazione, adducendo che la Corte territoriale si era limitata ad affermare la discrezionalità della dirigenza nel conferimento dell’incarico in questione, senza interpretare correttamente la previsione contrattuale che fa riferimento alla natura e alle caratteristiche del programma da realizzare, ai requisiti culturali posseduti dal soggetto a cui viene conferito l’incarico, alle attitudini, alla capacità professionale ed esperienza, previsione che sarebbe inutile se interpretata nel senso dell’assoluta ed illimitata discrezionalità.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ribadendo il principio secondo cui, in tema di impiego pubblico privatizzato, nell’ambito del quale anche gli atti di conferimento di incarichi dirigenziali rivestono la natura di determinazioni negoziali assunte dall’amministrazione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, le norme contenute nell’art. 19 del D.Lgs. 165/2001 obbligano l’amministrazione datrice di lavoro al rispetto dei criteri di massima in esse indicati, anche per il tramite delle clausole generali di correttezza e buona fede, applicabili alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento di cui all’art. 97 della Costituzione. Tali norme obbligano la P.A. a valutazioni anche comparative, all’adozione di adeguate forme di partecipazione ai processi decisionali e ad esternare le ragioni giustificatrici delle scelte.
Laddove, pertanto, l’amministrazione non abbia fornito nessun elemento circa i criteri e le motivazioni seguiti nella scelta dei dirigenti ritenuti maggiormente idonei agli incarichi da conferire, è configurabile inadempimento contrattuale, suscettibile di produrre danno risarcibile.
Biancamaria Consales