Modifiche costituzionali, larghe intese, unioni e fusioni fra comuni… A rischio democrazia e diritti
Come ti zittisco riducendoti all’impotenza
Ormai è evidente che la politica in nome della governabilità porta avanti un’idea di pacificazione che ha il preciso scopo di sostituire e neutralizzare ogni spazio potenziale di conflitto. E’ un ’idea che gli ultimi Governi hanno ampiamente messo in atto attraverso lo strumento delle larghe intese
Questo presuppone la negazione della realtà per costruire una falsa unità di intenti nell’ interesse del paese, utile a stroncare sul nascere il conflitto, a delegittimare e reprimere le lotte sociali,
Come ti distruggo welfare e servizi pubblici
Stanno rimettendo in discussione il welfare e con esso il sistema più generale della Pubblica Amministrazione e dei servizi universali da essa erogati. In che modo? Attraverso ticket sulle prestazioni sanitarie, e balzelli con la compartecipazione ai servizi individuali ( trasporti scolastici, mense), nuove tasse come la Tares ( che include quote di servizi indivisibili come illuminazione pubblica, manutenzione stradale, polizia..). L’obiettivo dei governanti a livello centrale e locale è far passare l’idea che non sia più possibile lecito erogare tutti i servizi, insomma la crisi impone tagli ai servizi e allo stato sociale e la ulteriore precarizzazione del lavoro.
Come raggiungere questo obiettivo?
Attraverso le politiche d’ austerità imposte dall’ Europa (fiscal compact tra tutti) e modificare in maniera costante e sistematica l’ impianto costituzionale.
Le Costituzioni Europee democratiche ed antifasciste sono infatti inconciliabili con il mercato per il modello di democrazia che hanno determinato, che presuppone un patto fondato sul riconoscimento di uno Stato sociale come affermazione di diritti fondamentali della persona. Lo dicono i poteri finanziari, lo mettono in pratica i politici di Pd e Pdl.
Il capitalismo (finanziario e non) crea società ingiuste e inique, in contesti non democratici e in certi casi autoritari conseguenza della recessione e della crisi economica e sociale. Il conseguimento degli “equilibri di bilancio” è fortemente legato alla volontà di rimettere in discussione quei principi costituzionali che sancirono una non distinzione e separazione fra diritti civili, che non hanno costo e devono essere garantiti a priori, per garantire a tuttie uguali diritti sociali,
In questo senso l’ inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione, conseguenza della accumulazione dei profitti e dell’indebolimento salarialecontrattuale dei lavoratoritrici, ha rappresentato infatti anche nel nostro paese la chiusura di un processo di accerchiamento volto alla riduzione degli spazi democratici, spesso conquistati con le lotte, a partire dai diritti che costano e alimentati solidarmente dalla fiscalità generale, al fine rimetterli in discussione.
E’ venuto meno quella sorta di contratto sociale basato su una redistribuzione del reddito dal capitale a favore del lavoro con la restrizione alla libertà movimento dei capitali finanziari e il riconoscimento dei diritti, non solo politici, ma anche sociali.
Dallo stravolgimento della Costituzione all’attacco alle autonomie locali
Per raggiungere questo scopo si sono messe in atto, con le modifiche costituzionali approvate lo scorso anno dal Parlamento e con quelle che sono in corso, politiche tese a colpevolizzare e intimidire i cittadini/cittadine, riducendo le persone a soli soggetti economici per assuefarli all’idea che è l’ interesse del mercato che governa le loro vite.
Quello che accade oggi a livello di autonomie locali, alle prese con unioni e fusioni, non è che l’ ultima rappresentazione di un sistema di “soluzioni imposte” ai cittadini, al solo scopo di aumentare “libertà” del mercato con una diminuzione dei diritti di cittadinanza.
La distruzione dello stato di diritto e dei diritti presuppone anche la cancellazione di ogni pratica sociale che favorisca i legami tra le persone realizzandosi con quelle forme di solidarietà che da sempre hanno caratterizzato la storia e l’ identità delle nostre comunità locali.
Ecco perché l’ incentivazione dall’ alto delle forme coattive di aggregazioni dei comuni, siano esse fusioni o unioni, finisce per evidenziare l’ intento di ridisegnare gli spazi di democrazia, in quanto la forme di relazione e coesione sociale spesso coincidono con l’ affermazione della dignità delle persone.
Le unioni e le fusioni dei Comuni
Le fusioni, presentate come scelte inevitabili e così imposte ai cittadini, non incentiveranno le forme di partecipazione democratica di cittadinie, non porteranno benefici, accresceranno il potere nelle mani di pochi senza alcun controllo democratico
Esiste un antidoto? Responsabilità, indignazione, organizzazione dal basso, non accettazione dei processi in atto, non scollegare lavoro dal welfare per una concreta partecipazione alla cosa pubblica che sappia ridefinire gli spazi e i processi di una reale democrazia rappresentativa.
Non si possono infatti ricondurre i percorsi messi in atto di fusioni e unioni solo legandoli ad esigenze di tipo organizzativo, e funzionale.
Peraltro certe economie di scala sarebbero più facilmente raggiungibili senza creare nuovi soggetti, ma aggregando funzionalmente i livelli operativi dei servizi pubblici erogati dagli Enti. Si potrebbero in tal modo tagliare realmente le costose strutture di vertice direzionale e di staff della politica di cui ogni Comune, purtroppo anche quelli più piccoli, ormai si è dotato sia direttamente che indirettamente attraverso le aziende partecipate.
Non si possono neppure legare certi percorsi alle agevolazioni in ordine all’ esonero dal rispetto del patto di stabilità, o a contributi o maggiori trasferimenti da parte dei livelli regionali o statali, perché questo presuppone rinunciare alla propria autonomia di scelta sull’ uso delle risorse per servizi, e comunque ad una capacità decisionale forte della prossimità con la vita e i bisogni delle persone.
E comunque anche la disponibilità di maggiore risorse non significa che certa politica, più interessata e attenta a salvare i propri ruoli, intenda impiegare le risorse per riaffermare il sistema dei valori propri dello stato sociale faticosamente conquistato.
Il risultato potrebbe infatti essere quello di dilapidare i veri o presunti tesoretti, utilizzandoli non a vantaggio del sociale, della sanità, dell’ istruzione, della formazione, della manutenzione del territorio ma solo vantaggio di inutili opere e manifestazioni di immagine finalizzate a produrre consenso e affari riducendo allo stesso tempo i servizi erogati.
Che fare allora?
Trasformare l’ occasione delle fusioni e unioni dei comuni, come momento per riaffermare la comunità ( dei cittadini ) che è titolare di diritti, ma anche fonte delle proprie decisioni, per dare dal basso dei semplici segnali:
– intransigente difesa dei valori costituzionali;
-salvaguardia dei diritti e dei beni comuni;
– riaffermazione del lavoro come dignità della persona;
– inseparabilità dei diritti individuali e sociali di cittadine/cittadini;
– bonifica morale del paese per liberare le energie migliori.
Se uno dei principali e nobili ruoli della politica consiste nella sua capacità di rappresentare e comporre attraverso il confronto dialettico le diverse istanze che emergono nella vita di una comunità, è altrettanto importante ricordare che una democrazia reale non ha paura del conflitto, perché il conflitto politico è l’essenza della democrazia stessa.
E’ allora necessario che i conflitti e le lotte sociali (e non i campanilismi ) trovino adeguato spazio e rappresentanza a partire dalle comunità locali, come presupposto dell’ azione politica, sindacale e dei gruppi sociali e quale elemento utile al fine di riconquistare i diritti che sono il presupposto fondante della democrazia. Proprio l’esatto contrario di ciò che accadrà con le fusioniunioni dei Comuni
Cobas Pubblico Impiego