Quando un lavoratore è considerato “svantaggiato”?
È “svantaggiato” colui che ha più di 25 anni e la famiglia a carico. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in risposta all’interpello n. 38/2012, chiarisce che possono essere considerati “svantaggiati” i lavoratori che abbiano un’età superiore a 25 anni e che sostengano in maniera esclusiva il nucleo familiare, poiché hanno una o più persone fisicamente a carico ai fini IRPEF.
Il quesito– L’Assolavoro ha avanzato richiesta d’interpello per conoscere la definizione di “lavoratori svantaggiati” di cui all’art. 2, n. 18), lett. d) e f), Reg. (CE) n. 800/2008, richiamati dal novellato art. 20, comma 5 ter, lett. c), D.Lgs. n. 276/2003 ai sensi del quale è possibile ricorrere alla somministrazione di lavoro a tempo determinato senza che debba trovare applicazione il c.d. “causalone” proprio in caso di utilizzo di tali lavoratori. In particolare, sono stati chiesti chiarimenti sulla platea dei soggetti rientranti nella categoria: degli “adulti che vivono soli con una o più persone a carico” (lettera d), Reg. CE n. 800/2008); dei “membri di una minoranza nazionale all’interno di uno Stato membro che hanno necessità di consolidare le proprie esperienze in termini di conoscenze linguistiche, di formazione professionale o di lavoro, per migliorare le prospettive di accesso ad un’occupazione stabile” (lettera f], Reg. CE n. 800/2008).
Adulti– Con riferimento alla prima categoria di lavoratori svantaggiati, ossia “gli adulti che vivono soli con una o più persone a carico”, occorre analizzare i diversi requisiti previsti dalla disposizione comunitaria, vale a dire: la “qualità” di adulto, il carico familiare e la convivenza o meno con familiari a carico. In primo luogo si ritiene possano definirsi “adulti” coloro che hanno superato i 25 anni di età, atteso che nella stessa disciplina comunitaria è invece considerato “giovane” colui che ha un’età compresa tra i 15 e i 25 anni. Quanto, invece, alla circostanza secondo la quale gli adulti devono vivere “soli con una o più persone a carico”, si ritiene che la disposizione voglia riferirsi sia alla composizione – al momento dell’assunzione – del nucleo familiare del soggetto in posizione di svantaggio, sia alla definizione di familiare “a carico”, data nel nostro ordinamento dall’art. 12 del TUIR.
Minoranze nazionali– Per individuare, invece, coloro che appartengono alla categoria dei “membri di una minoranza nazionale all’interno di uno Stato membro che hanno necessità di consolidare le proprie esperienze in termini di conoscenze linguistiche, di formazione professionale o di lavoro, per migliorare le prospettive di accesso ad un’occupazione stabile” di cui alla lettera f), Reg. (CE) n. 800/2008, occorre riferirsi a tutte quelle minoranze che, sulla base di specifici provvedimenti, risultano già individuate in ragione dell’appartenenza linguistica. In particolare, ci si riferisce alle minoranze “linguistiche storicamente insediate sul territorio italiano” contemplate dall’art. 2 della L. n. 482/1999 che promuove, in attuazione dell’art. 6 della Costituzione, all’art. 1, comma 2, “la valorizzazione delle lingue e delle culture” delle popolazioni ivi individuate e che, in base a tale Legge, risultano ufficialmente riconosciute in Italia. Per concludere, il Ministero del Lavoro ritiene di poter compiutamente identificare i soggetti ritenuti dal Legislatore Comunitario meritevoli di tutela e di poter soddisfare le necessità insite nella disposizione della lettera f), Reg. (CE) n. 800/2008.