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Taranto ed i suoi morti “svenduti”

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Taranto ed i suoi morti “svenduti”
Questo è il titolo che “merita” la decisione della Corte di Appello di Taranto del 13 settembre, che ha annullato la sentenza del processo “Ambiente Svenduto”, spostando il processo a Potenza.
I primi effetti di questa decisione sono sotto gli occhi di tutti: andranno in prescrizione tutte le condanne che riguardano i politici ed i colletti bianchi corrotti e corruttori, cioè, come al solito, questo sistema di potere corrotto difende sé stesso ed i suoi accoliti, sempre in nome del profitto.
Nel 2012 nacque spontaneamente un movimento di base di cittadini e lavoratori che stanco e rabbioso per i disastri ambientali che hanno provocato non solo morti, ma malattie professionali irreparabili, ed hanno impedito qualunque altra forma di sviluppo, in quanto territorio colonizzato ed essere destinato da sempre ad una economia legata alla militarizzazione ed alla industria pesante, terremotò il sistema, con partecipazione di massa e attiva di tutto il territorio.
Tutti ricordano il 2 agosto del 2012 quando ad una manifestazione promossa da fim, fiom e uilm, chiaramente in difesa dei Riva, arrivò uno spezzone di corteo che senza colpo ferire, entrò in piazza e parlò ai lavoratori presenti che rimasero tutti in piazza, mentre i segretari di fim, fiom e uilm fuggirono letteralmente dal palco, ed ascoltarono attentamente chi diceva che era ora di dire basta alla devastazione ed alla colonizzazione di questo territorio e che non si deve morire per lavorare.
Questa manifestazione fu solo l’inizio di un lungo periodo di proteste che portarono Taranto all’attenzione di tutta Italia ed anche oltre confine e che vide il suo apice il 15 dicembre 2012 quando ci fu una manifestazione di circa 40.000 partecipanti, i negozi tutti chiusi in solidarietà alla manifestazione: insomma una città bloccata ed un territorio intero in protesta.
Certamente è inutile qui ricordare tutti gli studi medici ed epidemiologici indipendenti che dimostrano la correlazione fra l’inquinamento ambientale e le morti, e che pongono Taranto ed il suo territorio fra le più critiche situazioni al mondo.
D’altro canto il citato sistema di potere politico corrotto, per i propri luridi interessi, non poteva subire senza reagire e lo ha fatto secondo le solite modalità, ovvero da un lato cooptando con le buone o con le cattive chi si era fatto falsamente paladino delle legittime istanze del territorio svuotando dal di dentro quel movimento popolare e di massa, e dall’altro con gli innumerevoli provvedimenti dei vari governi di tutti i colori politici per far continuare a produrre, e ad ammazzare, l’ex Ilva garantendo immunità giuridica ai gestori pubblici e spendendo centinaia di milioni, che sarebbero bastati, per come chiedeva quel movimento, a chiudere l’ex Ilva (che NON è tecnicamente ambientalizzabile) e per impiegare tutti i lavoratori nelle bonifiche che durerebbero per molto tempo.
In realtà questa decisione della Corte d’Appello di Taranto si inquadra perfettamente nell’attuale quadro politico, perché i provvedimenti presi da questo governo vanno da un lato perfettamente nella direzione di salvaguardare i politici ed i colletti bianchi che sono gli accoliti di sistemi politici corrotti, e dall’altro con il D.L. 1660 nel quale si prevedono anni di carcere per chi dissente e protesta su questioni ambientali, politiche, sindacali ecc., nonostante questo provvedimento abbia già ricevuto le circostanziate obiezioni giunte da organismi internazionali come l’Osce che, appunto, è un osservatorio che garantisce il diritto al dissenso ed alla protesta.
Concludendo un appello ed un appello ed un avviso. Questa decisione della Corte d’Appello ci pone immediatamente il compito di ricostruire dal basso un movimento che si opponga alle decisioni che condannano definitivamente questo territorio non solo alla morte fisica ma anche sociale, politica, morale, economica.
L’avviso è al governo, il quale non si illuda che aumentando la repressione, in dispregio di tutte le convenzioni internazionali che prevedono il diritto al dissenso ed alla protesta, possa pensare minimamente di spegnere definitivamente il fuoco che arde sotto la cenere, perché non si può spegnere la rabbia di chi quotidianamente subisce violenza per le scelte politico-economico-sociali-ambientali tese a difendere, in nome del profitto, la casta e a distruggere la vita degli esseri umani.

Taranto, 14 Settembre 2024

Per Confederazione Cobas Taranto
Giancarlo Petruzzi e Salvatore Stasi